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Leonard Mlodinow - Subliminal: How Your Unconscious Mind Rules Your Behavior

Ecco l'immagine del libro di Leonard Mlodinow
Note Libro
1a edizione: New York, 2012
Versione recensita: Vintage 2013
ISBN 978-0307472250, 272 pagine
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Voto finale (trama, personaggi, stile) = 7,33

Premessa

Ci si aspetta molto dai saggi sul cervello scritti da cervelloni. Vuoi che non facciano pensare, con emisfero destro o sinistro che sia?
Spesso questi testi deludono. Quando i cervelloni parlano del cervello, sovente rimangono intrappolati nell'ammirazione della propria mente: il testo si rivela un'esaltazione sterile della complicatezza delle capacità mentali umane e concede poco alla divulgazione tramite dati e teorie originali.

Nell'esaminare il libro di Mlodinow eravamo ancora scottati dal pessimo Mind di Richard Restak, un testo deludentissimo che si proponeva di rispondere a una delle 'Big Questions' di questo secolo (appunto, la Mente) perdendosi invece nella contemplazione di quanto più pesante il nostro cervello sia rispetto a cani e gatti. Mlodinow non cade in questo tranello ma cammina sul cornicione quasi tutto il tempo. Non scivola mai, ma neanche dà l'impressione di stare in bilico a proprio agio.

Trama

Qual è la forza che detta quasi tutte le nostre scelte, alcune delle quali ha sempre conosciuto, dandoci l'illusione del libero arbitrio? No, non è Dio: si tratta dell'inconscio. Mlodinow presenta decine di studi (alcuni stupefacenti, alcuni dai risultati intuibili) a ipotizzare (se non dimostrare) che noi esseri umani ci illudiamo di decidere cosa facciamo e invece siamo vittime di preconcetti, condizionamenti, idee fisse. La nostra mente crea di continuo idee che paiono razionali e consce. Tutti gli esperimenti presentati dall’autore dimostrano che le nostre pensate sono sono la punta dell'iceberg di un lavoro sotterraneo di cui sappiamo poco, se non che è il nostro padrone.

La supremazia dell'inconscio non ci rende soltanto poco razionali: ci fa essere anche approssimativi (l'inconscio vive nel profondo ma è molto superficiale), razzisti, sessisti. E' ironico dunque che molte pagine del libro siano dedicate a come il cervello umano sia qualitativamente (e non solo quantitativamente) superiore a quello degli amici a quattro zampe e col becco. L'animale, scrive Mlodinow, è soltanto conscio di quello che vuole. Invece, noi umani riesciamo anche a capire quello che vuole qualcun altro. La differenza fra umano e non umano sembra ridursi, quindi, al titolo di un film con Alberto Sordi e Monica Vitti (Io so che tu sai che io so). Forse le pagine in questione sono migliori di come stia commentando qui. Forse il ricordo del libro brutto di Restak (il quale parlava della mente quasi solo in questi termini) è ancora troppo vivo. O forse né Restak né Mlodinow hanno mai avuto un cane.
voto trama: 7,5

Personaggi

Protagonisti di questo saggio sono conscio e inconscio. L'inconscio è il "master" che sottomette il conscio "slave" in tutti i modi. Decide quasi tutto lui e concede al conscio quasi soltanto una cosa: la convinzione di stare al timone. Alcuni esempi: studi dimostrano che quando si assume una persona si scelgono una faccia e un profumo invece che le competenze. Sistematicamente. Lo stesso succede quando si sceglie il coniuge: per esempio, un'analisi statistica mostra che una persona che porta il tuo stesso cognome ha chance incredibilmente più alte di diventare tuo marito o tua moglie rispetto a una con qualsiasi altro cognome, anche molto più diffuso del tuo (e non c'entrano i luoghi comuni sui cugini). Il nome è importante anche per le azioni di borsa: se il loro codice è facile da pronunciare, quando vengono piazzate sul mercato fanno più soldi.

Siamo noi uomini simili a treni in corsa che possono andare solo dove i binari d'acciaio lo consentono? Apparentemente sì. Che si fa? E' qui che il libro di Mlodinow lascia un po' insoddisfatti. Dopo aver illustrato per pagine e pagine come l'inconscio sbaragli il conscio, Mlodinow spreca veramente poche parole per suggerire come questi dati possano essere interpretati e usati. Si limita a commentare che solo quando si è consapevoli di una tendenza pericolosa diventa possibile prendere provvedimenti e frenarla. Se sotto sotto siamo tutti razzisti, saperlo ci aiuta a non essere razzisti consciamente, ipotizza l'autore. Sarebbe stato bello che Mlodinow avesse accoppiato il best seller a uno studio sull'applicabilità reale di questa consapevolezza, che rischia di rimanere sterile.
voto personaggi: 7,5

Stile

Questo libro è così gustoso e pieno di sorprese che si legge come un romanzo giallo, esattamente come succede con gli scritti di Freud, il quale ha prodotto grande letteratura, oltre che una scienza - o una professione. Non si capisce quindi perché Freud venga da Mlodinow citato, quasi con insistenza, solo come un dilettante che aveva intuito qualcosa del funzionamento dell'inconscio, ma che nella sua ossessione per sesso e genitali non si può prendere sul serio. Sembra quasi che, se Freud non aveva la Risonanza Magnetica per capire meglio il funzionamento della mente, la colpa fosse un po' sua. L'inconscio gioca qualche scherzo al nostro autore Mlodinow?

Il tono del testo perde di qualità anche quando viene esaltata la ricchezza del cervello umano confrontato a quello animale. Sul serio c'è qualcuno che ha bisogno che gli si spieghi che il cavallo Hans non sapesse veramente far di conto?
voto stile: 7

Note Finali

Mlodinow fa un po' di luce uno degli argomenti più delicati dell'esistenza umana, ovvero: perché pensiamo quello che pensiamo? Lo fa con ironia, un po' di compiacimento e una buona dose di onestà intellettuale, che era mancata a lui e a Stephen Hawking ne Il Grande Disegno, dove si proponevano di dimostrare che le leggi fisiche spiegano l’Universo così bene da rendere non-necessario postulare l’esistenza di Dio (operazione difficilissima e che peraltro non viene mai realmente tentata nello svolgimento del discorso.)

Mlodinow dà tutti gli strumenti per capire di più ma non propone una sintesi. Uno scienziato della sua levatura poteva forse osare di più?
voto finale: 7,33
Foto Leonard Mlodinow
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